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LADRI DI SOGNI - L'ITALIA FUORI DAI MONDIALI 2018
 
La disfatta del calcio italiano andata in scena nel doppio appuntamento play-off con la Svezia, per la qualificazione ai mondiali 2018, ha sentenziato l'assoluto distacco esistente, ormai, tra la passione degli italiani e l'amministrazione del calcio nazionale.

I tifosi guardano sempre ai successi degli azzurri come la traduzione di sogni che hanno dentro sin da quando si comincia a dare un calcio al pallone; e, con un pallone, speri solo di fare goal. Il goal è la bellezza del sogno che si realizza; e porta con sé la memoria delle imprese, e il volto, dei campioni.
Si gioca a calcio, da piccoli, perché ci si sente un po' come quei grandi giocatori; si evocano i loro nomi, mentre si dribbla il compagno che entra in contrasto, o al tiro in porta.
Una volta avveniva per strada o sui campetti degli oratori, con tanto di ginocchia e gomiti sbucciati. Partite che duravano ore e ore sotto il sole dei pomeriggi d'estate, e c'era sempre il disagio di recuperare il pallone sotto un'auto in sosta; quando non bisognava affrontare la bellicosità di chi, abitando a piano terra, temeva per l'integrità dei vetri di porte e finestre.

Tutto questo e altro ancora c'entra, e molto, con quello che è successo alla Nazionale di Ventura, prodotto della gestione del calcio odierno, fagocitato, qui come altrove, da una televisione leviatano che crea realtà virtuali, che poi, se non ci sai fare, finiscono per infrangersi, ottusamente, contro una barriera di modeste maglie gialle svedesi, mica contro il Brasile di Pelè o l'Argentina di Maradona, in uno stadio tricolore e disperato.

Ladri di sogni, potremmo dire. E Ventura, non annunciando in diretta tv le sue dimissioni un minuto dopo il triplice fischio finale, lo è del tutto, come Tavecchio. Come tutti quelli che maneggiano un calcio indebitato e senz'anima, che inonda, però, di denaro la vita di un portiere diciottenne o mette a segno spettacolari trasferimenti da centinaia di milioni di euro conditi di probabili ragioni geopolitiche.

Tutto questo nulla ha a che fare con la sostanza dei nostri sogni; è lontano dalla geografia dei sentimenti. E, soprattutto, è lontano da quei campetti pieni di pietre e da quelle strade dove, credetemi, si sono giocate partite leggendarie.


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